Onorevole Presidente, Illustri Autorità e Delegati, l’Italia si allinea pienamente alla dichiarazione dell’Unione Europea e mi permetto di aggiungere alcune osservazioni a titolo nazionale. Vorrei iniziare con un caso specifico. Nell’agosto 2021, un membro chiave di un’organizzazione criminale italiana, ritenuto uno dei più influenti facilitatori del traffico internazionale di droga, è stato arrestato a Dubai. L’indagine che ha portato al suo arresto ha rivelato i metodi da lui utilizzati:
– l’utilizzo di money mules;
– l’utilizzo di canali hawala;
– la creazione di entità legali in diverse giurisdizioni per fornire servizi inesistenti;
– Uso di valute virtuali;
– Operazioni di investimento nel settore immobiliare;
– L’acquisto di grandi quantità di oro, fino a 40 chili al mese.
È un’interessante illustrazione – in una sola persona – dei principali aspetti che caratterizzano l’attuale fenomeno del traffico di droga. La consolidata sovrapposizione tra criminalità organizzata e criminalità economico-finanziaria è caratterizzata dalla vicinanza tra i gruppi mafiosi più potenti finanziariamente e alcuni settori del mondo finanziario legale, nazionale e internazionale, con l’obiettivo di riciclare e reinvestire denaro, con vere e proprie distorsioni delle normali dinamiche di mercato.
Le attività del boss italiano, catturato a Dubai, evidenziano anche il ruolo delle nuove tecnologie, soprattutto digitali.
Esse hanno reso possibile la creazione di mercati paralleli a quelli del commercio “tradizionale” di droga: mercati digitali dove domanda e offerta si incontrano al dettaglio, grazie soprattutto al dark web, con il denaro che si muove in modo anonimo attraverso le criptovalute.
Uno degli aspetti nuovi e allarmanti è il fatto che nel web cosiddetto “da banco” sono presenti numerose società specializzate nell’import/export, che fungono da piattaforme di scambio delle sostanze.
Tutte queste innovazioni stanno avendo un impatto sui metodi di lotta al traffico di droga, riducendo l’efficacia di alcune tecniche investigative tradizionali e concentrandosi sui sistemi di archiviazione digitale che consentono l’accesso alle criptovalute. Il fatto che il traffico di droga non sia in crisi si riflette nei dati relativi a tutti i principali indicatori.
Contrastare i cartelli non è sufficiente. È necessario un salto di qualità.
Qualsiasi sforzo è destinato a fallire se non si affronta il problema culturale della droga con un approccio globale alla società. Più di cinquant’anni fa, lo scrittore italiano Pier Paolo Pasolini – non certo un proibizionista – si diceva allarmato dal fatto che la droga fosse passata dall’essere un fenomeno che riguardava essenzialmente poche élite a diventare un fenomeno di massa; lo definiva un “vuoto culturale”, inteso non come mancanza di “erudizione” ma come perdita di principi e di orizzonti di fronte alle sfide della vita.
Le drammatiche immagini che arrivano dal Nord America – uomini e donne completamente incoscienti per l’ingestione di fentanyl – ci parlano di qualcosa che non è un caso, ma la conseguenza di “culture” e nozioni distorte di libertà in voga dagli anni Sessanta. In questo senso, vale la pena considerare la possibilità di una correlazione tra i picchi pandemici di questa tragedia e le esperienze locali di legalizzazione.
Infine, vorrei ricordare che questo è l’ultimo anno di presidenza italiana del Gruppo Pompidou e che l’Italia ospiterà la Conferenza ministeriale alla fine del 2025. Attraverso gruppi di lavoro e progetti specifici, abbiamo approfondito la cooperazione in aree di lavoro consolidate.
La lotta alle droghe – a tutte le droghe – deve partire dalla convinzione che non si può rimanere in silenzio di fronte al “nulla” che centinaia di migliaia di giovani sfuggono all’assunzione di droghe, e alla negazione del bisogno di speranza e di senso che caratterizza ogni vita umana.
L’Italia è in prima linea.